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Il testo della Legge n.178/2020, cosiddetta Legge di Bilancio, è una maxi manovra da 40 miliardi ricca di aiuti per le famiglie e il lavoro. Non a caso soprannominata la “Manovra dei bonus”, nei 1.150 commi dell’articolo 1 delinea un quadro di incentivi fiscali che confermano il ruolo sempre più centrale delle diverse tipologie di credito d’ imposta.
Accanto alla proroga, talvolta con modifiche e rafforzamenti, delle principali agevolazioni già in essere nel 2020, la legge introduce infatti anche nuovi crediti di imposta. Al Credito d’imposta Beni Strumentali e al Credito d’imposta Ricerca e Sviluppo, si affiancano:
Se la proroga, attesa e auspicata dalle imprese e dai propri rappresentanti, del Piano Transizione 4.0 ha incontrato il favore di tutti, unitamente al suo potenziamento, talune modifiche del Credito di imposta Ricerca & Sviluppo & Innovazione sollevano dubbi interpretativi sull’ambito temporale di applicazione e sulle modalità di fruizione.
Se da un lato le imprese hanno apprezzato l’innalzamento delle aliquote del Credito di imposta Beni Strumentali e l’accorciamento del periodo di fruizione (ora in 3 anni e non più 5), dall’altro le modifiche introdotte hanno posto nuovamente il tema sulla garanzia, certezza e continuità che le imprese si attendono per programmare nel tempo i propri investimenti.
Il comma 1064, facendo riferimento alla Legge n. 160/2019 (cosiddetta Legge di Bilancio 2020), estende il Credito di imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative sino al 2022, fornendo alcune precisazioni volte a chiarire l’ambito di applicazione della normativa previgente e introducendo 3 principali modifiche:
Il dubbio interpretativo non riguarda il contenuto delle modifiche apportate, bensì la data di decorrenza delle stesse.
La Legge di Bilancio 2021 non precisa infatti la data di decorrenza di tali modifiche, lasciando spazio all’interpretazione che abbiano effetto retroattivo già a partire dall’esercizio fiscale 2020.
Un altro punto che necessita di un espresso chiarimento è l’applicazione delle aliquote maggiorate per le regioni Lazio, Marche e Umbria.
Le aliquote maggiorate (25% per Grandi Imprese; 35% per Medie Imprese; 45% per Piccole Imprese) si applicano alle attività di Ricerca e Sviluppo direttamente afferenti a strutture produttive ubicate nelle regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, confermando quanto previsto dall’Art.244 del D.L. 34/2020 (cosiddetto Decreto Rilancio).
Non c’è alcun riferimento all’estensione della maggiorazione alle regioni Lazio, Marche, Umbria, colpite dagli eventi sismici del 2016 e 2017, che erano state incluse nella maggiorazione a seguito del riesame parlamentare del Decreto Rilancio.
La Legge di Bilancio 2021 lascia inoltre aperto il tema dell’ammissibilità della ricerca commissionata dall’estero.
La Legge di Bilancio 2017, estendendo il Credito di imposta Ricerca e Sviluppo sino al periodo di imposta 2019, ne aveva ampliato anche l’ambito soggettivo ai soggetti commissionari residenti “nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati compresi nell’elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996…”.
Nella Legge di Bilancio 2020 e anche nel relativo Decreto Attuativo, non si fa menzione di tale fattispecie, la cui ratio legis era favorire (nonché riportare) lo svolgimento delle attività di Ricerca & Sviluppo in Italia.
E’ auspicabile quanto prima un chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate per consentire alle imprese di identificare le agevolazioni fruibili, valutarne il potenziale anche per una pianificazione prospettica degli investimenti e avviare in maniera corretta l’iter per l’ottenimento dell’agevolazione.
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