Rendicontazione di Sostenibilità e Sistema Bancario: elementi chiave per la competitività delle PMI

  • Di Andrea Di Savino
    • 29 Ago 2023
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Rendicontazione di Sostenibilità

In un contesto economico-sociale come quello attuale, caratterizzato da forti e rapidi mutamenti, emerge la necessità per le imprese di creare valore nel lungo periodo con l’obiettivo di identificare e governare i rischi non solo di natura economico-finanziaria ma anche di carattere ambientale, sociale e di governance. Tale visione integrata conduce alla sostenibilità, intesa come la capacità di generare valore nel lungo periodo senza pregiudicare le risorse a disposizione delle generazioni future. È necessario quindi integrare alle valutazioni economico-finanziarie le valutazioni ESG nella rendicontazione di sostenibilità.

Lungo questa direzione, la finanza diventa il motore della transazione in grado di indirizzare i flussi finanziari verso attività economiche e investimenti sostenibili. Nel marzo del 2018, la Commissione Europea pubblica un “Piano d’Azione per la finanza sostenibile”. Al suo interno vengono delineate strategia e misure da adottare per la realizzazione di un sistema finanziario capace di promuovere uno sviluppo sostenibile sotto il profilo economico, sociale e ambientale.

Nel piano vengono proposte dieci azioni da intraprendere con l’obiettivo di:

  • Riorientare i flussi di capitale verso investimenti sostenibili per realizzare una crescita sostenibile e inclusiva;
  • Gestire i rischi finanziari derivati dai cambiamenti climatici, l’esaurimento delle risorse, il degrado ambientale e le questioni sociali;
  • Promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine delle attività economico-finanziarie.

Nell’ambito del Green Deal europeo e del Piano d’Azione per la Finanza Sostenibile si colloca l’approvazione e la pubblicazione, avvenuta il16 dicembre 2022, sulla Gazzetta uffficiale UE della Direttiva n. 2022/2464. Quest’ultima riguarda la rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD). La CSRD modifica la Direttiva 2013/34/UE (Non Financial Reporting Directive – NFRD) concernente l’obbligo di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario per le imprese di grandi dimensioni. Agli Stati Membri è fatto obbligo di recepire la Direttiva entro 18 mesi a partire dalla sua pubblicazione, ovvero a partire dall’anno fiscale 2026, (reporting 2027) con l’opzione di astenersi per 2 anni (cd. “opt-out option”).

Gli obiettivi della Rendicontazione di Sostenibilità

  • Creare una base normativa coerente e solida per la rendicontazione sulla sostenibilità volta a divulgare informazioni pertinenti, sostanziali e sufficienti;
  • Soddisfare l’aumento della domanda di informazioni sulla sostenibilità delle aziende, soprattutto da parte degli investitori, i quali sono sempre più consapevoli dei rischi finanziari derivanti da problemi ambientali e sociali;
  • Migliorare l’accesso delle imprese al capitale finanziario, identificando e gestendo rischi e opportunità legati alle questioni di sostenibilità, garantendo modelli di business sostenibili, migliorando il dialogo e la comunicazione tra le imprese e gli stakeholder e la loro reputazione;
  • Colmare il divario tra le esigenze informative degli utenti del report e le informazioni sulla sostenibilità fornita dalle imprese, permettendo agli investitori di tenere conto dei rischi e delle opportunità legati alla sostenibilità nelle loro decisioni e, alle parti sociali e alla comunità, di ritenere le imprese responsabili del loro impatto sulle persone e sull’ambiente;
  • Aumentare la comparabilità dei dati e armonizzare le informazioni attraverso uno standard omogeneo europeo, evitando l’introduzione di norme nazionali divergenti, complesse e meno comparabili.

Rispetto all’attuale NFRD (Non-Financial Reporting Directive), la CSRD amplia notevolmente il perimetro di aziende coinvolte dall’obbligo di redazione dell’informativa di sostenibilità. L’UE stima che le società che attualmente redigono la DNF passeranno da 11.700 a circa 49.000, di cui 4.000 soltanto in Italia. La Direttiva si rivolge a grandi imprese non quotate, a PMI quotate sui mercati regolamentati (escluse le micro-imprese) e a imprese e figlie di succursali con capogruppo extra-UE.

Le novità della Direttiva sulla Rendicontazione di Sostenibilità

Tra le principali novità introdotte vi sono:

  • L’obbligo di Assurance, imposizione che prevede che i report di sostenibilità siano assoggettati alla “limited Assurance”, nella prospettiva di raggiungere la “reasonable Assurance” (ovvero quella tipica del bilancio economico-finanziario);
  • La digitalizzazione dell’informativa, secondo cui le imprese, al fine di aumentare la diffusione delle informazioni di sostenibilità, saranno obbligate e rendere digitale l’informazione presente nei relativi report;
  • La collocazione dell’informativa di sostenibilità, per cui le imprese dovranno includere l’informativa di sostenibilità all’interno della Relazione sulla Gestione e non in un documento a sé stante, al fine di garantire una maggiore integrazione tra informazioni di carattere finanziario e non. Inoltre, per garantire una maggiore comparabilità tra le Disclosure, le imprese saranno tenute ad adottare un unico standard di rendicontazione comunque, l’ESRS (European Sustainabilty Reporting Standard), il cui sviluppo è demandato all’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group);
  • Per le PMI non quotate saranno introdotti degli standard “light”, ovvero standard semplificati per adozione volontaria in modo da tenere conto delle loro esigenze e caratteristiche, incentivandole così alla redazione di un report di sostenibilità;
  • La doppia materialità: un tema di sostenibilità è materiale per l’impresa quando soddisfa i criteri definiti per la materialità dell’impatto o per la materialità finanziaria o per entrambe. Le imprese dovranno quindi fornire informazioni di sostenibilità sia in merito all’impatto delle proprie attività sulle persone e sull’ambiente (approccio inside-out), sia riguardo al modo in cui i fattori di sostenibilità incidono su di esse e sui loro risultati (approccio outside-in);
  • Focus su strategia di sostenibilità e modelli di business: le imprese dovranno inserire informazioni necessarie a comprendere come le iniziative di sostenibilità influiscano sull’andamento dell’impresa, sui suoi risultati e sulla situazione economico-finanziaria nonché sulla struttura del modello di business;
  • Gestione del rischio di sostenibilità, la quale prevede che le imprese, al fine di rispondere alla natura mutevole dei rischi a cui sono esposte e al crescente interesse degli investitori riguardo alle implicazioni finanziarie che ne derivano, dovranno dichiarare come sono considerati e gestiti i rischi legati al clima e ad altre questioni ambientali. Alcuni esempi sono la perdita di biodiversità, le problematiche sanitare e sociali o il lavoro minorile e forzato;
  • Il ruolo centrale della value chain: le imprese, nel rendicontare l’informativa di sostenibilità, dovranno considerare non soltanto il perimetro di riferimento del bilancio ma includere anche le informazioni sugli impatti materiali, sui rischi e sulle opportunità connesse all’intera catena del valore a monte (upstream) e a valle (downstream).

Una leva importante per l’accesso al credito

Alla luce di quanto detto fino ad ora, appare evidente come la rendicontazione della sostenibilità rappresenti una leva di crescita per le PMI: non solo per accedere più facilmente a prestiti e finanziamenti, ma anche per individuare e misurare quelle dinamiche che permettono loro di essere competitive attraverso l’adozione di comportamenti virtuosi in grado di massimizzare i profitti e gli impatti positivi. In tal senso, banche e investitori possono rappresentare per le PMI degli importanti facilitatori. Incentivando l’adozione di strumenti di rendicontazione socio-ambientale, essi portano questi temi all’attenzione di realtà che spesso, per loro natura, sono già allineate a obiettivi di sostenibilità, ma che non sono portate a esplicitare il proprio impegno e le proprie performance.

E’ importante evidenziare come i fattori ESG giochino un ruolo sempre più rilevante nell’accesso al credito e nel rapporto tra le banche e le imprese. Integrare gli aspetti economici e di governance, sociali ed ambientali, all’interno di un’impresa conduce al miglioramento del merito creditizio aziendale. Tuttavia, ogni banca dispone di un proprio sistema di valutazione del merito creditizio e questo vale anche per i fattori ESG. Mentre i rating di credito si basano su dati finanziari e di bilancio che rispettano standard riconosciuti e condivisi, i rating ESG vengono elaborati su una reportistica non ancora omogenea e standardizzata.

Le criticità della rendicontazione

La maggiore criticità risiede proprio nel fatto di riuscire a creare un modello appropriato alle dimensioni delle imprese; infatti, le PMI si trovano spesso in difficoltà per la carenza di criteri di valutazione ESG in grado di analizzare e cogliere adeguatamente le loro peculiarità. Appare quindi evidente l’importanza di sviluppare standard omogenei e comuni che permettano di collegare gli obiettivi, i rischi e le opportunità aziendali riguardo agli aspetti ambientali, sociali e di governance a parametri oggettivi, quantificabili e misurabili.

Per valutare il livello di sostenibilità di un’azienda è necessario studiare metodologie affidabili, volte alla raccolta, gestione e verifica di dati ESG di alta qualità, al fine di ottenere una fotografia precisa e puntuale della realtà aziendale che si sta analizzando. Bisogna sapere come accedere alle informazioni, verificare i dati prodotti dall’impresa e trasformarli in una valutazione quantitativa affidabile.

Il mondo bancario, finanziario e assicurativo sarà chiamato a svolgere un ruolo culturale di “istruzione” per le PMI e le micro imprese, le quali dovranno comprendere quali fattori considerare al fine di migliorare la propria sostenibilità ed eventualmente riorientare l’attività di business. Dall’inserimento della valutazione ESG nel credit risk management degli operatori finanziari passa quindi la capacità del sistema bancario di affiancare le imprese nella transizione sostenibile, per cogliere le grandi opportunità che questa rivoluzione offre a tutti gli attori coinvolti.

Nuove opportunità per le PMI

Il mercato è sempre più guidato dai trend di sostenibilità con un impatto materiale sulle performance. Di conseguenza, la sostenibilità sta diventando un elemento centrale da considerare per creare valore e vantaggio competitivo. Per mantenere la propria competitività sul mercato è necessario che le PMI comincino ad attivarsi fin da subito nella costruzione di un sistema di rendicontazione in modo tale da essere, una volta entrato in vigore l’obbligo di ricezione della Direttiva, già pronte a fornire la base di dati necessari alla rendicontazione di sostenibilità.

La sostenibilità economico-finanziaria e i fattori di valutazione ESG sono due facce della stessa medaglia: occorre che le imprese si facciano trovare pronte.
Va sottolineato che, seppur la Direttiva escluda dall’ambito di applicazione soggettivo le PMI non quotate, essa riconosce come queste siano parte (direttamente o indirettamente) della filiera produttiva di grandi imprese interessate dall’applicazione della Direttiva. Pertanto, le piccole e medie imprese dovranno in ogni caso conformarsi agli obblighi previsti da tali norme in via indiretta, tramite strumenti di natura contrattuale che le grandi imprese applicheranno ai loro fornitori, subfornitori, distributori, rivenditori, ecc.

Il ruolo degli investitori per creare valore nel lungo periodo

In quest’ottica, il ruolo “educativo” ricoperto da banche e investitori risulta essere di cruciale importanza. Infatti, le PMI si rivelano scettiche circa l’efficacia della rendicontazione di sostenibilità nel generare benefici in termini di attrattività di capitali. Tale scetticismo alimenta a sua volta la tendenza a comunicare la sostenibilità per finalità interne o meramente reputazionali, limitando le prospettive di accesso a finanziamenti e investimenti sostenibili. Per superare questa diffidenza è indispensabile che banche e investitori mostrino loro i vantaggi nell’utilizzare strumenti di rendicontazione ESG.

Un buon rating aiuta le aziende ad attrarre investimenti e ridurre i costi di finanziamento, migliora la capacità di misurazione delle performance di sostenibilità, il posizionamento e la leva commerciale, conduce ad un miglior monitoraggio dei parametri di efficienza e di produttività, incrementa le opportunità di investimento, riduce il rischio operativo e fa sì che l’azienda mantenga un vantaggio competitivo nel tempo.

In conclusione, l’impegno concreto per la sostenibilità rappresenta una grande opportunità per le PMI di distinguersi, competere e prosperare nel panorama economico attuale. Lungo questa direzione, la rendicontazione di sostenibilità e il ruolo delle banche rappresentano due elementi chiave per la capacità delle imprese di creare valore nel lungo periodo.

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Andrea Di Savino

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