PMI e Certificazioni di Sostenibilità: la situazione italiana

  • Di Elena Vanessa Vaccari
    • 11 Lug 2023
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Certificazione di sostenibilità

Negli ultimi dieci anni molte grandi aziende europee si sono distinte per l’impegno concreto dimostrato in materia di etica e sostenibilità, rendendo sempre più necessario intraprendere percorsi di “certificazione di sostenibilità”.

Un’ ondata virtuosa che ha portato sempre più realtà ad operare seguendo principi di responsabilità sociale, spinte dagli ingenti sviluppi in tema di normative, modelli e strumenti volti a intervenire sull’impatto che le imprese generano su ambiente, economia e società.

Si pensi all’Agenda 2030 dell’ONU, con i suoi 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – ma anche alla definizione di standard internazionali di rendicontazione della sostenibilità (come il Global Report Initiative – GRI e l’Integrated Reporting Framework – IRF).

L’Unione Europea ha, inoltre, appena presentato un nuovo pacchetto di misure per delineare ed irrobustire il quadro sulla finanza sostenibile, ampliando le attività della tassonomia e proponendo nuove regole per le agenzie che forniscono i rating ESG.

In Italia diversi enti certificatori si stanno proponendo al mercato offrendo varie soluzioni alle imprese per accompagnarle nel loro percorso verso la sostenibilità, la sfida attuale di IAF (l’associazione internazionale che coordina tutti i soggetti certificatori) è quella di armonizzare e rendere oggettivi e imparziali i principi della certificazione, che dev’essere concreta e di dimostrata legittimità.  

Il vicedirettore generale di UNI ha affermato che si sta discutendo a un tavolo di lavoro, in collaborazione con il legislatore, con l’obiettivo di creare un report di sostenibilità univoco, ottenuto con un processo di reporting unificato, verificabile e standardizzabile nei limiti del settore in cui l’impresa certificata opera. Le stesse PMI segnalano l’utilità di un’armonizzazione delle richieste dati primarie con le informative previste dai principali framework di sustainability reporting quali GRI, IIRC e SASB.

Quali sono i limiti del processo di certificazione per le PMI?

Per le PMI italiane, il primo ostacolo è rappresentato dalla mancanza di criteri standard oggettivi, che facilitino la comprensione dei criteri da seguire e la scelta della certificazione più adatta alle loro esigenze.

Senza sottovalutare la sostenibilità finanziaria dell’operazione. Le PMI devono avere la possibilità di adeguarsi agli standard europei richiesti senza penalizzare la loro normale operatività, o essere poste nella condizione di scegliere quale ambito finanziare; la politica economica e il sistema incentivante devono procedere di pari passo. 

In ultimo, il sistema impresario italiano è composto per la maggioranza da microimprese, il 95% delle quali ha fino a 9 addetti. Il 60% di queste sono imprese individuali, dove il fulcro decisionale è accentrato nella figura del singolo titolare che spesso vanta competenze specifiche del suo settore. Questo aumenta la difficoltà nel trovare nel proprio organico il personale dedicato alla gestione delle pratiche inerenti alla sostenibilità e, di conseguenza, implica un ulteriore dispendio di risorse.

I benefici della certificazione di sostenibilità

Il vantaggio competitivo-reputazionale che deriva dalle certificazioni fornisce alle PMI un canale di accesso preferenziale a nuovi mercati, nazionali e internazionali. Un vantaggio competitivo che si configurerebbe sia verso i fornitori esterni sia in termini di retention e attrazione di nuove risorse.

Negli ultimi tempi, fornitori, lavoratori (appartenenti per lo più alle next generations) e consumatori, sono sempre più sensibili alle cause climatiche e preferiscono, a parità di condizioni, interagire con aziende che hanno a cuore la sostenibilità.

Il vantaggio competitivo porterebbe conseguenze anche all’interno del mercato poiché grazie alla sostenibilità si amplierebbero le occasioni di business, accrescendo le possibilità di entrare in diverse catene di fornitura “sostenibili”. Al contrario, i capo-filiera si troveranno sempre più ad escludere quelle aziende che, per quanto eccellenti sul fronte produttivo o tecnologico, non rispettano la conformità normativa.

Inoltre, in aggiunta all’attrazione di potenziali nuovi fornitori e dipendenti, gli istituti finanziari e gli investitori “premiano” le aziende certificate o propense ad impiegare i suoi fondi nel settore green. Le imprese che rispettano i criteri ESG, regolate da strategie aziendali improntate alla sostenibilità e alla reportistica richiesta, sono privilegiate sul fronte dell’attrazione di capitali poiché la sostenibilità è un elemento di resilienza.

I trend futuri di investimento mettendo in evidenza come le tematiche prioritarie nella valutazione dei progetti saranno sempre più legate a:

  • cambiamento climatico (73%);
  • economia circolare e questioni sociali come la diversity e l’inclusione (48%);
  • catena di approvvigionamento (25%).

Una ricerca sulle pratiche di rendicontazione di sostenibilità

Il Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con ALTIS Università Cattolica ha condotto un’indagine sulle motivazioni e criticità delle pratiche di rendicontazione di sostenibilità, su un campione di 105 imprese italiane (2/3 con sede nel nord ovest e il 30% partecipate da almeno un investitore istituzionale).

La ricerca verte sulle motivazioni che hanno spinto le PMI ad iniziare o proseguire il percorso di rendicontazione di sostenibilità. Le motivazioni interne come la redazione del bilancio di sostenibilità e il disporre di uno strumento utile a definire principi e valori di CSR appaiono prioritarie. Seguono motivazioni di carattere strategico e competitivo. La necessità di risposta a stakeholder esterni all’organizzazione non rientra nelle primarie motivazioni, probabilmente dato dal fatto che la certificazione ad oggi non è un obbligo normativo per le piccole imprese.

Relativamente ai soggetti interessati prevalgono la proprietà, a conferma del ruolo centrale che questa svolge nelle PMI, seguita dal mercato (come industriali, consumatori finali e dipendenti) e dai player dei mercati finanziari (analisti e investitori).

Si evince che la rendicontazione è tuttora richiesta per finalità interne, più che come leva per attirare nuove potenziali opportunità esterne. Le PMI si rivelano però “scettiche circa l’efficacia della rendicontazione di sostenibilità nel generare benefici in termini di attrattività dei capitali (…) questo scetticismo alimenta a sua volta la tendenza a comunicare la sostenibilità in chiave interna o per finalità meramente reputazionali, limitando le prospettive di accesso a finanziamenti e investimenti sostenibili”.

I dati relativi alle pubblicazioni aziendali

Del campione analizzato, il 44% dichiara di redigere un documento di sostenibilità, un dato che però non è coerente con le precedenti indagini svolte a livello nazionale, in cui solo il solo il 7% delle imprese affermava di pubblicare informazioni relative ai temi ESG (studio condotto da FFS e BVA Doxa (2020)).

Il 55% delle imprese al cui capitale di rischio partecipano investitori istituzionali (banche, assicurazioni, previdenza ecc.)  dichiarano di rendicontare sui temi ESG e il 65% delle imprese che pubblicano un DNF, questo coincide col bilancio/rapporto di sostenibilità.

Nel 59% dei casi la redazione del documento si avvale del supporto di consulenti esterni, a conferma del fatto che le imprese non possiedono le competenze specifiche all’interno del loro organico.

Sfide e opportunità della rendicontazione di sostenibilità

Si conferma dall’analisi che la certificazione di sostenibilità offre numerosi vantaggi alle PMI in Italia, in questo caso, in primis, il miglioramento della brand reputation, dei processi interni, la gestione dei rischi aziendali, la relazione con gli stakeholders e l’accesso alle nuove opportunità di business. In merito alle criticità, il principale ostacolo, come riportano le conclusioni dello studio, è rappresentato dalla carenza di competenze specifiche all’interno delle aziende.

Come punti di innesco sono evidenziati sicuramente la disponibilità di una maggiore e migliore base di dati ESG unita all’enfatizzazione della centralità del dialogo tra investitori e aziende che renderebbe più concreta la convenienza alla rendicontazione, incoraggiando le PMI ancora esitanti.

Nonostante le sfide, l’impegno per la sostenibilità rappresenta un’opportunità per le PMI di distinguersi e prosperare nel panorama economico attuale, mentre contribuiscono alla creazione di un futuro più sostenibile.

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Elena Vanessa Vaccari

Energy Financial Analyst

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