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Analizzando i dati relativi agli investimenti in R&D degli anni 2019, 2020 e 2021 emerge che l’Italia è ancora lontana dal raggiungimento dell’obiettivo del 3% del PIL destinato ad investimenti in ricerca e innovazione: nel 2019, infatti, si è registrato un investimento pari all’1,43%, nel 2020 – complice l’impatto della pandemia – dello 0,9% e nel 2021, con una crescita pari al 5,2% rispetto all’anno precedente, dell’1,5%.
Ad oggi, con un investimento dell’1,50% del PIL in attività di R&S occupa solo la quattordicesima posizione in classifica, preceduta da Ungheria e Portogallo a quota 1,6%. Tra i Paesi dell’Europa meridionale, quello che investe maggiormente è la Francia, con il 2,4%. Ad investire ancora meno in attività di R&S sono la Spagna e la Polonia con l’1,4%.
Il nostro Paese è passato dall’1,43% del 2017 all’1,50% nel 2021, dimostrando una crescita abbastanza lenta, comunque in linea con il tasso di crescita europeo, che è passato dall’1,81% nel 2000 fino al 2,32% nel 2020.
Dei 25 miliardi di euro investiti dall’Italia (dati Istat 2020), 15,4 sono stati destinati alle imprese, 6 alle università pubbliche e private per la ricerca, 3,3 alle istituzioni pubbliche e, infine, 516 milioni di euro agli enti no-profit. I dati appena citati sono stati analizzati in questo articolo.
Come anticipato, al fine di poter investire in Ricerca e Sviluppo, diverse sono state le misure adottate dagli Stati per agevolare le imprese. In Italia, ad esempio, è stato utilizzato come strumento il ricorso al credito d’imposta ricerca e sviluppo, il quale ha causato – come si fa notare in questo nostro articolo di marzo 2022 sul parere del MISE – «un aumento esponenziale delle richieste, da parte di imprese e società […] L’Agenzia delle Entrate è stata quindi chiamata a svolgere numerosi controlli per poter accertare la legittimità del credito. Spesso si assiste, però, a numerose controversie e contestazioni, soprattutto riferite alla natura dell’attività svolta dall’impresa e all’eventualità che la stessa possa rientrare nelle così denominate “attività agevolate”».
Nonostante le controversie che potrebbero generarsi, sicuramente, quella del credito d’imposta ricerca e sviluppo è comunque una strada utile da percorrere, tant’è che dal 2023 è disponibile in Italia il Credito d’imposta ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e ideazione estetica, promosso dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy e rivolto a « Tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla natura giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione, dal regime contabile e dal sistema di determinazione del reddito ai fini fiscali» con lo specifico obiettivo di « sostenere la competitività delle imprese stimolando gli investimenti in Ricerca e Sviluppo, Innovazione tecnologica, anche nell’ambito del paradigma 4.0 e dell’economia circolare, Design e ideazione estetica.»
I sopra citati virgolettati sono tratti dalla sezione dedicata al Credito di imposta ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e ideazione estetica presente sul portale del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Facendo una panoramica europea – come descritto nel nostro articolo del 28 settembre 2021 sugli investimenti europei in R&D – esaminando i dati messi a disposizione da Eurostat nel 2017, nell’ambito delle attività di Ricerca e Sviluppo, emergeva un quadro complessivo molto variegato; in particolare, in riferimento al raggiungimento dell’obiettivo del 3% del PIL destinato a investimenti in ricerca e innovazione posto dall’UE in occasione dell’istituzione del programma quadro di ricerca e innovazione “Orizzonte 2020”. Infatti, se la Svezia, prima della classe, raggiungeva il 3,22 % del PIL, seguita da Austria con il 3,06 % e Germania con il 3,02%, tutti gli altri Paesi non riuscivano ad ottenere il risultato auspicato dall’UE. Tra questi, l’Italia che con investimenti pari all’1,37 % del PIL si collocava in posizione mediana in questa classifica.
Confrontando infine i dati Eurostat 2017 con quelli aggiornati, si può notare che sia sempre lo stesso Paese, ossia la Svezia, ad ottenere la prima posizione in classifica relativamente allo svolgimento di attività di Ricerca e Sviluppo (R&D: Research & Development). Nel 2017, infatti, il PIL svedese investito nelle attività appena citate era del 3,22%. Attualmente il podio è conteso con il Belgio, grazie al 3,5% del PIL investito in attività di R&S; a questi due paesi seguono poi Austria e Germania.
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