ZES UNICA: Comunicazione integrativa
Il Decreto-Legge 9 agosto 2024 n. 113 ha introdotto con l’articolo 1, comma 1, un’importante novi...
Il Decreto-Legge 21 giugno n. 73, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2022 n. 122, ha previsto all’articolo 23, comma 2, la possibilità per le imprese di richiedere una Certificazione delle attività RSI (ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e di design e innovazione estetica).
La finalità del legislatore è quella di applicare in condizioni di certezza la disciplina prevista per il riconoscimento del credito d’imposta per gli investimenti ammissibili in tema di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e design previsti dall’articolo 1, commi 200, 201 e 202, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.
Nel corso degli ultimi mesi il legislatore ha fornito ulteriori chiarimenti, soprattutto per quanto riguarda le modalità operative e l’introduzione/l’istituzione dell’Albo dei certificatori (avvenuta per il tramite del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 settembre 2023). Quest’ultimo ha trovato una prima disciplina nel Decreto Direttoriale del 21 febbraio 2024 che fornito chiarimenti per quanto riguarda:
In un secondo momento, è stato pubblicato il Decreto Direttoriale del 5 giugno 2024 che ha reso possibile la pubblicazione dei modelli di certificazione la cui compilazione è demandata ai certificatori iscritti all’Albo, su espressa richieste delle imprese interessate tramite la piattaforma messa a disposizione dal Ministero. Risulta diviso in due sezioni:
I PARTE
II PARTE
La vera svolta è arrivata con la pubblicazione del Decreto Direttoriale del 4 luglio 2024 con cui sono state rese note le Linee Guida per il credito d’imposta in R&S. Così come predisposte dal Ministero, hanno l’obiettivo di fornire indicazioni di carattere generale e trasversale per quanto riguarda i criteri che devono essere ottemperati da parte dei certificatori per la corretta qualificazione degli investimenti effettuati (o da effettuare) ai fini della loro classificazione nell’ambito delle attività di ricerca e sviluppo, innovazione, design e ideazione estetica.
Si tratta, tuttavia, di un documento poco esaustivo che nel corso tempo subirà, probabilmente, ulteriori integrazioni al fine di poter esaminare specifici casi concreti, determinate tipologie di attività o fattispecie particolari. Non di meno, si deve tener conto anche delle possibili modifiche normative, giurisprudenziali ed orientamento che potranno intervenire in futuro.
Nel complesso, il documento si suddivide in quattro marco-sezioni:
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha confermato l’importanza di quanto indicato nei Manuali di Oslo e di Frascati e di come debbano essere utilizzati come “faro guida” da parte dei certificatori nello svolgimento delle loro attività. Stando a quanto disciplinato nel manuale di Frascati, ad esempio, devono essere soddisfatti congiuntamente cinque criteri fondamentali affinché un attività possa essere classificata come RSI:
Allo stesso tempo, ha anche fornito alle imprese del tessuto italiano un valido strumento entro cui far confluire correttamente l’attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e di design. Sostanzialmente si è cercato di creare un raccordo sempre più stringete tra le varie discipline frammentate su più livelli per poter consentire, in futuro, la creazione di una disciplina unitaria comune capace di dare risposte certe e solide ai possibili dubbi di questa disciplina.
Sicuramente, i continui aggiornamenti nel tempo delle normative hanno creato un certo livello di “diffidenza” da parte delle imprese nell’approcciarsi alla finanza pubblica per quanto riguarda il credito d’imposta, specialmente per quanto riguarda le attività di RSI, potendo abbracciare quest’ultimo settori e ambiti imprenditoriali completamente diversi tra loro.
Il legislatore, consapevole di questa problematica, ha cercato nel tempo di introdurre una serie di strumenti volti a tutelare e valorizzare gli investimenti, anche continuativi nel tempo, effettuati da quelle imprese che si sono strutturate interamente proprio per svolgere, o continuare a svolgere, tale tipologia di attività mettendole al riparo da possibili ritorsioni del settore o da inutili controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Così facendo si è cercato di delineare un sistema di controllo finalizzato all’identificazione di quelle realtà imprenditoriali le cui attività di RSI rispondono correttamente ai principi fondamentali prescritti dai Manuali di Oslo e di Frascati da quelle che, ignorando o male applicando quanto indicato dai medesimi e della disciplina nazionale, richiedono un credito d’imposta probabilmente non spettante che, in alcuni casi, si fonda su un’attività di RSI inesistente.
Trattandosi, infatti, di un’agevolazione automatica le imprese non devono, al fine di beneficiare del credito, ottenere un’autorizzazione preventiva da parte degli enti pubblici. Pertanto, il momento di confronti con l’Amministrazione finanziaria resta successivo ed eventuale e avviene in un momento in cui il beneficio fiscale è già stato utilizzato.
Queste condotte portano certamente ad un uso improprio dell’agevolazione facendo insorgere in capo al legislatore, per il tramite dell’Agenzia delle Entrate, l’esigenza di affinare il più possibile le attività di verifica e monitoraggio.
Partiamo dal presupposto che non si tratta di un’attività obbligatoria, ma facoltativa a libera scelta dell’impresa. La finalità, come sopra indicato, è quella di tutelare il valore apportato da quelle realtà imprenditoriale che hanno svolto le attività di RSI ottemperando ai dispositivi di legge. Grazie alla Certificazione si riconosce, alle imprese, la possibilità di anticipare il momento di confronto con l’ente pubblico, o meglio, con un soggetto autorizzato a produrre effetti vincolanti nei confronti dell’amministrazione finanziaria, rispetto a quello dell’accertamento.
Anticipazione che addirittura arriva prima di svolgere l’attività rilevante, con riguardo alla certificazione dei progetti non ancora realizzati.
Così operando l’impresa ottiene un’attestazione della qualificazione degli investimenti effettuati o da effettuare all’interno delle categorie di:
Eventuali atti sanzionatori difformi a quanto attestato sono nulli. Questo effetto, però, non si produrrà nel caso in cui venga data una rappresentazione dei fatti non corretta e, quindi, la certificazione venga rilasciata per un’attività diversa da quella realizzata. Sotto questo punto di vista la scelta del soggetto certificatore e la piena collaborazione con quest’ultimo diventeranno aspetti fondamentali nella fase di certificazione.
I controlli dell’AdE, in sintesi, ci potranno essere comunque ma, come detto sopra, non potranno contestare la quantificazione dell’attività come R&S, innovazione o design,ma si dovranno limitare alla verifica delle spese ammissibili.
Sostanzialmente sono esclusi quegli investimenti, in cui l’utilizzo del relativo Credito sia stato contestato con processo verbale di contestazione. Bisogna, però, tenere conto che la Certificazione non è uno strumento per evitare i controlli dell’AdE già iniziati, in quanto i parametri che definiscono la possibilità o meno di accedere alla Certificazione sono stringenti.
La convenienza o meno del ricorso alla Certificazione è una valutazione che va effettuata caso per caso dall’impresa, grazie al supporto di esperti del settore. In questo modo sarà possibile valorizzare a pieno i progetti attuati o che vertono in una fase di attuazione e creare effetti vincolanti per quanto riguarda la classificazione e la quantificazione dell’attività svolta/da svolgere come R&S.
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