Startup: Pianificare sperimentando

  • Di Marco Di Pilla
    • 26 Mar 2021
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L’approccio utilizzato dalle start up per pianificare le attività e crescere è completamente diverso da quello tradizionale su cui si costruiscono, da sempre, i business plan e da cui nascono le imprese.


Dopo l’esplosione della business planning mania, molti studiosi hanno iniziato a criticare questo strumento, portando alla nascita di tante forme più agili di pianificazione, fatte di canvas, post it, mappe, guide visive che hanno ridotto la forma puntando alla sostanza, aiutando l’imprenditore a focalizzarsi sui punti salienti del progetto e ad identificare il valore aggiunto dell’iniziativa abbandonando ogni formalismo.

Le parole chiave sono: sperimentare, sperimentare, sperimentare.
In pratica, non soffermarsi troppo sulle analisi e la teoria, ma partire, progettare, proporre il proprio prodotto servizio (anche in forma ancora embrionale), ascoltare i primi potenziali clienti e correggere così la rotta fino a quando non si è trovata la strada giusta per l’affermazione della propria offerta sul mercato.

È chiaro quindi, che questo metodo non potrebbe essere più lontano da quello di “fare impresa tradizionale”.

Il business plan però, dal canto suo, oltre a rappresentare lo strumento principale per interfacciarsi con investitori, partner e banche, aiuta imprenditori e manager anche a focalizzarsi su una molteplicità di aspetti (organizzativi, produttivi, commerciali e finanziari), in un insieme organico di azioni e obiettivi attorno a una strategia più pratica e ben definita.

Ma allora, che strada dovrebbe seguire una startup? Dovrebbe abbandonare totalmente quello che “è stato” per focalizzarsi  unicamente su una sperimentazione continua sul mercato?

La risposta è NO. È necessario sapere adattare il business plan (pianificazione tradizionale) al lean planning della startup .

Idea/Progetto – Sperimentazione sul mercato – Feedback – Business Plan

Prima di entrare in dettaglio su come creare un binomio efficiente tra i due approcci, andiamo a vedere le loro principali differenze:

Pianificazione tradizionale: Focus sullo scenario, sugli obiettivi, sull’organizzazione, sulla verifica e l’interpretazione dell’idea imprenditoriale.

I vantaggi: permette di analizzare prima di agire, disporre di una visione d’insieme, cercare l’efficienza e preparare la crescita.

Gli svantaggi: anteporre l’organizzazione al mercato, rallentare il tempo market, impostare processi che limitano la creatività, investire risorse nella direzione sbagliata senza avere avuto un riscontro prima dal mercato oppure, più importante, dei potenziali clienti.

Lean Planning: Focus sul partire, sperimentare velocemente, raccogliere feedback, migliorare costantemente e progredire. Principali vantaggi: non dare per scontato il mercato e quindi agire prima di conoscere, sperimentare con creatività, velocizzare l’iniziativa e minimizzare gli investimenti di avvio. Principali svantaggi: andare incontro alle inefficienze di implementazione, rischio di minare l’immagine della nuova offerta, disporre di direzioni di crescita non coerenti.

Ciò che fa la differenza quindi è la capacità di adottare un approccio ibrido in cui il modello di business plan più tradizionale si adatti allo sviluppo e alla crescita lean della nostra startup,  focalizzando l’attenzione su tre fasi:

  • Fase 1 – pianificazione: corrisponde alla fase di analisi del business, che comprende la definizione del modello, del target della clientela, del mercato/canali in cui operare e dell’organizzazione necessaria per la gestione delle attività e la stesura delle previsioni economiche finanziarie.
  • Fase 2 – implementazione: è il momento di partire. Iniziano le vendite, le attività di gestione, interazioni con i clienti e fornitori. In questa fase si effettua una continua revisione dell’offerta, della strategia di marketing e dell’ ottimizzazione delle risorse delle attività.
  • Fase 3 – valutazione: solo dopo un periodo di tempo in cui sono state perseguite una strategia ed una direzione imprenditoriale ben definite si valutano i risultati. Ci si sofferma e si interpretano le performance in termini di scostamento rispetto alle proiezioni effettuate durante la fase di pianificazione, al fine di valutare la fattibilità del modello di business.

E poi che succede? Ecco un’altra differenza tra il modello tradizionale e quello delle Startup: queste ultime possono arrivare alla fase 3 anche solo dopo pochi mesi (se non dopo poche settimane), dopodiché, in base al feedback del mercato, possono decidere se ritornare alla fase 1 per una revisione (evitando così inutili sprechi di risorse), oppure continuare a crescere e impostare un’evoluzione quanto più scalabile possibile.

Con riferimento alla Fase 1, la pianificazione, è interessante vedere quali siano i fattori caratterizzanti di un lean planning, come evidenziato anche nel libro “Lean Business Plan” di Kingsley A. Borello:

  • Originality: si definisce l’idea imprenditoriale e cosa si intende offrire, a quale mercato, a quale tipologia di clientela e individuo, qual è la caratteristica distintiva dell’offerta (su questo tema suggeriamo di utilizzare il processo promosso da Oceano Blu e Oceano Rosso per identificare punti divergenti all’interno del proprio mercato nei confronti dei competitor piuttosto che le mappe Swot analysis classiche)
  • Feasibility (asset, skill): sviluppo del prodotto/servizio, ossia l’organizzazione e il tipo di attività necessarie a realizzare e consegnare il prodotto e successivo supporto alla clientela.
  • Marketability: si definisce come promuovere l’offerta, come comunicare e dare visibilità alle diverse attività.
  • Sustainability: una volta stabilite le attività, definito il team, la produzione, la distribuzione e il piano di comunicazione, si procede con un’analisi economica, contrapponendo non solo costi e ricavi ma anche sottostanti pagamenti e incassi.
  • Scalability: verificata la bontà del business, è il momento di tornare indietro o crescere? mantengo gli equilibri di una piccola realtà, oppure voglio crescere e mi pongo degli obiettivi ambiziosi?

Per gli imprenditori, soprattutto quelli più giovani, alle prese con la loro startup, conoscere le best practice da seguire può rivelarsi tutt’altro che semplice. Molto spesso anche i progetti più validi ed innovativi falliscono per errori commessi nelle fasi descritte sopra, o per una conoscenza troppo approssimativa del mercato e del target audience (utilizzatori finali). Per questo è importante affidarsi ad imprese che conoscono il mondo delle startup e ne comprendono a fondo problemi ed esigenze: questo permette di recuperare tempo e non rischiare, ancora prima di partire, di fallire.


Marco Di Pilla
Leyton Start-Up Manager – Leyton Italia

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Marco Di Pilla
Marco Di Pilla

Leyton Start-Up Manager

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