Settore calzaturiero: quando la R&S cede il passo all’Innovazione Tecnologica, al Design e all’Ideazione Estetica

  • Di Emanuela Rossetti
    • 25 Gen 2022
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Credito d'imposta r&s

La Normativa del Credito di Imposta per attività di Ricerca e Sviluppo è in continuo divenire. Sebbene le sfaccettature fossero molteplici già nel corso degli anni passati, a partire dal 2020 la disciplina agevolativa si è sostanzialmente modificata.

Con l’avvento della L. 160/19 il Credito di Imposta ha subito un’importante scissione, che ha previsto l’introduzione della possibilità di valorizzare attività di Innovazione Tecnologica, Design e Ideazione Estetica accanto all’ormai consolidata Ricerca e Sviluppo. Le possibilità apertesi con tale Legge di Bilancio, pertanto, risultano innumerevoli e offrono un ventaglio di scelta più ampio alle aziende desiderose di valutare l’ammissibilità dei propri progetti.

Ma cosa comporta questa scissione nel settore calzaturiero? Questo settore rappresenta di per sé un ambito fortemente influenzato dalla creatività, originalità e novità.

Nell’ottica del mantenimento del prestigio legato al proprio marchio e alla competitività, ciascuna azienda di settore effettua attività cadenzate durante il proprio anno fiscale, al fine di creare i nuovi campionari stagionali. Questi ultimi devono possedere caratteristiche accattivanti in termini di cura dei dettagli, scelta dei materiali e accoppiamenti audaci degli stessi.

Tuttavia, secondo i recenti sviluppi, si nota una sempre più marcata difficoltà di giustificazione delle attività come Ricerca e Sviluppo a seguito dei controlli da parte degli organi competenti, in quanto le motivazioni fornite dalle aziende in merito alla novità dei progetti (rispetto alle conoscenze già presenti nel settore di riferimento) sembrerebbero essere sempre meno probanti. Spesso, dunque, accade che tali attività vengano classificate nel “nuovo” concetto di Innovazione Tecnologica o Design e Ideazione Estetica.

Come reagire, dunque, di fronte a tali verdetti?

In prima battuta potrebbe sembrare che questa tendenza possa essere motivo di scoraggiamento, tuttavia sarebbe opportuno mutare l’ottica di osservazione.

Innanzitutto, sebbene l’attività svolta sui prodotti possa non essere considerata nuova per il settore, il lavoro che si cela dietro un nuovo prototipo prevede l’acquisizione di una massiccia dose di nuove abilità tecnologiche da parte dell’entourage aziendale, le quali si esplicano nella realizzazione di un prodotto non necessariamente nuovo, ma di certo sostanzialmente migliorato o avanzato rispetto allo stato dell’arte aziendale.

Questo genere di attività è plausibilmente classificabile in quella che la normativa definisce ad oggi Innovazione Tecnologica. Tale classificazione permetterebbe l’accesso all’agevolazione finanziaria anche alle aziende che non possiedono, ad esempio, un proprio marchio, ma lavorano per conto di clienti terzi sostenendo una serie di spese (anche ingenti) che rimangono in capo alla propria realtà.

In un caso del genere, la rendicontazione dei costi ai fini agevolativi non sarebbe legata alla realizzazione di un nuovo prodotto, ma alle nuove tecnologie di lavorazione ed implementazione che si nascondono dietro al prototipo finale e che accrescono costantemente il know how aziendale.

Infine, qualora l’attività si focalizzasse principalmente sullo studio della forma (geometria) e sulle caratteristiche estetiche, è stato dato spazio anche alla rendicontazione di attività di Design e Ideazione Estetica.

Il distacco dal passato, pertanto, non deve esser visto come una fonte di penalizzazione per le aziende, bensì come una misura inclusiva che apre la strada ad una serie di nuove opportunità. Perché non coglierle quanto prima?

Emanuela Rossetti
Innovation Consultant – Leyton Italia

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Emanuela Rossetti

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