L’Automotive e l’R&D

  • Di Alessandro Amoroso
    • 09 Set 2020
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Il settore Automotive è uno dei più importanti settori dell’economia a livello mondiale e nel corso degli ultimi anni anche al suo interno si stanno verificando dei cambiamenti rilevanti per le imprese che ne fanno parte. Gli esperti sostengono che il verificarsi di innovazioni dirompenti all’interno di un settore possa alterare l’equilibrio e le posizioni di potere, portando le imprese storiche a pendere quote di mercato in favore dei nuovi entranti (Foster, 1986); la causa di questa perdita è imputabile, tra le altre cose, alla loro incapacità di rispondere tempestivamente ai cambiamenti tecnologici che si verificano nell’ambiente esterno. 

Le imprese considerano l’innovazione uno dei principali fattori competitivi in quanto vi è un legame diretto tra innovazione e performance di un’impresa osservabile sotto due aspetti: il primo, legato al mantenimento del vantaggio competitivo e alla creazione di valore, individua nell’innovazione uno strumento indispensabile per quanto concerne la sopravvivenza e lo sviluppo dell’impresa stessa; mentre il secondo evidenzia la relazione creatasi tra processi e risultati aziendali (Podestà e Ancarani, 1993). Le dinamiche competitive più marcate degli ultimi decenni stanno attribuendo ai processi innovativi, e conseguentemente alla loro diffusione, una centralità ancora più evidente nella determinazione del vantaggio competitivo dell’impresa (Costabile e Cariola, 2011).

Secondo Sergio Marchionne nessun altro settore impiega tanto denaro sul proprio futuro, infatti nell’aprile del 2015, Marchionne presentò un documento “visionario” sul futuro mondiale dell’automobile. In “Le Confessioni di un drogato di capitale”. Esso annunciava sostanzialmente la necessità di difendere il capitale fisso che: spiegò Marchionne, hanno tutte le grandi aziende automobilistiche. “Uniamoci”; diceva in sostanza l’allora ad di FCA, perché divisi consumiamo troppo e bruciamo valore”. Unendo le piattaforme di base invece avremo grandi risparmi, specie negli investimenti in R&D, condividendo alcuni componenti del prodotto. Sergio Marchionne alludeva soprattutto ai sistemi di trasmissione, ai freni, e a tutte quella parti delle vetture che non spostano i criteri di scelta verso un singolo brand.

Impossibile non ricordarlo oggi, mentre l’Acea, l’unione dei costruttori automobilistici europei, ricorda che i suoi associati nel 2017 hanno speso 58,3 miliardi di euro nella in ricerca e sviluppo, cifra che colloca i marchi automobilistici europei al primo posto assoluto (con il 27% del totale degli investimenti complessivi), superando settori tradizionalmente ad alto contenuto d’innovazione come il biomedicale e il farmaceutico.

Le spese in R&D tendono ad accelerare in conseguenza del vortice di novità e di adeguamenti previsti dal mondo dell’automotive, con i nuovi sistemi di propulsione davanti a tutti, e il progressivo e necessario spostamento verso l’elettrificazione e il rispetto delle normative sempre più stringenti sulle emissioni che impongono ai costruttori spese ingenti. Quel che conta soprattutto non è il valore delle cifre destinate all’innovazione ma il loro peso sui ricavi, che sta percentualmente crescendo in maniera esponenziale per tutti. O quasi. Prima di morire, Marchionne promise 9 miliardi di euro di investimenti per l’elettrificazione della gamma FCA, ma globalmente ed entro il 2022. Da sempre e per primo aveva capito che ricerca e sviluppo necessitano di partner produttivi forti che (al momento) Fiat-Chrysler non ha, ma che in futuro si auspica troverà.

Secondo una recente ricerca condotta dalla Commissione europea: Il Gruppo Volkswagen, in rapporto al proprio fatturato, domina ampiamente l’ultima classifica dei maggiori investitori nella Ricerca e Sviluppo, con un budget che, nel 2019, ha raggiunto i 3,6 miliardi di euro, in crescita del 3,8% rispetto all’anno precedente. 
Lo evidenzia l’edizione 2019 del “Quadro di valutazione R&S dell’Ue” pubblicato dalla Commissione europea sulla base di uno studio interno di Joint Research e relativo alla classifica delle 2.500 prime società mondiali in base ai loro investimenti in ricerca e sviluppo. Tra le industrie automobilistiche si è piazzata al secondo posto (9 miliardi) seguita da Toyota (8,2 miliardi). Al quarto posto si colloca Ford (7,2 miliardi) e al quinto Bmw (6,9 miliardi).

In Italia: è di 1,8 miliardi di euro la spesa annua che il mondo automotive investe in ricerca e innovazione. Il 18% di tutta la spesa del settore manifatturiero, guadagnando così il primo posto tra i privati per investimenti in ricerca ed innovazione. Sono i numeri record della filiera dell’automotive che continua a tenere alta la testa, nonostante la crisi, e ad investire in ricerca, sviluppo e innovazione alla luce dei nuovi scenari che si stanno delineando per la mobilità del futuro. 
Secondo i dati resi noti da ANFIA, l’associazione nazionale filiera industria automobilistica, filiera che parte dai car designer e dalle aziende di ingegneria applicata al settore, per poi passare alle tantissime imprese che producono parti e componenti, ai costruttori ed allestitori di veicoli, nell’anno 2018, si assiste ad un calo medio di oltre il 5% della produzione di autoveicoli dei major market europei, in peggioramento nella prima metà del 2019. Questo trend negativo riguarda, in particolare, il comparto delle autovetture diesel, per via della demonizzazione di questa tecnologia che ha determinato un calo pesante delle vendite, producendo confusione e incertezza nei cittadini. 
Considerando come tali tematiche siano parte fondante del Piano Transizione 4.0, appare evidente come il mondo dell’automotive rappresenti uno dei settori trainanti  su cui puntare gli investimenti delle aziende. 

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Alessandro Amoroso

Innovation Consultant Team Leader

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